La forbice si chiude
In molti, Angela Eiter inclusa, pensano allo sport femminile come a una versione meno entusiasmante e meno affascinante dello sport al maschile, perlomeno in certe discipline. Siamo portati a pensare che le performance tecniche, di forza o di potenza espresse delle donne siano per qualche ragione meno interessanti di quelle degli uomini, in realtà basta guardare una gara di ginnastica artistica o vedere la stessa Angela in azione mentre arrampica per rendersi conto che non è così.
Perlomeno in molti sport. Angela Eiter è stata la prima donna al mondo nell’autunno del 2017 a salire una via di 9b. Tanto per stabilire dei riferimenti il 9b+ è stato salito finora solo da due climber: Adam Ondra, che è anche l’unico ad avere salito con Silence, a Flatanger una via di 9c, l’altro è Chris Sharma. Questo significa senza possibilità di errore che la sua salita de La Planta de Shiva è necessariamente nella short list delle performance arrampicatorie più importanti di tutti i tempi. Si tratta di un balzo in avanti che riduce ulteriormente la forbice tra arrampicata maschile e femminile. Angela Eiter ha cominciato ad arrampicare a undici anni quasi per caso, quando la scuola che frequentava le offrì la possibilità di provare a farlo sul muro indoor di una palestra. Una volta iniziato i genitori la accompagnavano alla palestra di Imst per allenarsi due volte a settimana. A quindici anni ha salito il suo primo 8a indoor. L’anno successivo ha cominciato a partecipare alla Coppa del Mondo lead di arrampicata e da allora una serie interminabile di successi che l’hanno portata a vincere tre Coppe del Mondo consecutive: nel 2004, nel 2005 vincendo ben otto gare su nove e nel 2006 vincendo sette gare su dieci. Poi ha vinto quattro campionati del mondo nella specialità lead, l’edizione 2005 a Monaco di Baviera, l’edizione 2007 ad Avilés, l’edizione 2011 ad Arco e l’edizione 2012 a Parigi. Per ben sei volte è stata vincitrice del Rock Master (2003, 2004, 2005, 2007, 2009, 2012)
La Planta de Shiva. Primo 9b femminile della storia
«Ho iniziato a provare la via nell’ottobre 2015 e sono riuscita da subito a fare tutti i singoli abbastanza velocemente, anche se non ero in grado di mettere insieme più di tre o quattro movimenti di fila. In quel momento avevo salito in velocità la prima parte della via, che è 8c. Poi vedevo una serie di piccole tacche sporche di magnesite che proseguivano verso l’alto e sentivo il desiderio di andare avanti. Avevo tentato la seconda parte due volte e avevo capito immediatamente che la via poteva essere adatta a me, mi aveva subito affascinato. Mi piacevano moltissimo i movimenti della via e mi divertivo ogni volta che la provavo, quindi ho capito che quello era il progetto giusto a cui dedicarmi. All’epoca stavo cercando qualcosa di veramente difficile, un progetto che mi richiedesse più di quello che avevo mai dato in passato. Ero affascinata dall’idea di tentare qualcosa di molto, molto difficile, magari impossibile. Desideravo veramente salire quella via. Così nei successivi due anni sono tornata sette volte, in certi casi soltanto per una settimana, a volte quando riuscivo a liberarmi dagli impegni di lavoro rimanevo anche per due settimane.
A maggio di quest’anno quando finalmente sono guarita dall’infortunio, anche se non ero riuscita a chiudere la seconda parte – ma ero caduta già molto in alto – le sensazioni erano state buone. Jakob Schubert aveva realizzato la seconda salita all’inizio del 2016 e l’aveva descritta come la lotta più grande della sua vita, questo ovviamente mi aveva un po’ influenzata. Ad un certo punto avevo anche cominciato a pensare che forse dovevo accontentarmi di salire la seconda parte della via, che era comunque molto più difficile di tutto quello che avevo mai provato fino a quel punto. Poi a ottobre finalmente ho salito la seconda parte della via e all’improvviso dentro di me è scattato qualcosa, sono entrata nell’ordine di idee che potevo farcela per davvero e che dovevo tentarla sul serio. Si trattava a quel punto di concatenare le due sezioni. E dopo due giorni, ci sono riuscita».