Una cena
e una scatola di scarpe

testo di Bob Culp

Ho riguardato queste vecchie fotografie. Mi riportano indietro di quasi quarant’anni, a dei bei ricordi e in particolare ad una cena con Francesco. Ho sempre apprezzato la sua affettuosa ospitalità e quella di Lorenzo nei miei confronti. Quella cena fu memorabile. Andammo in un piccolissimo ristorante in un paese vicino a Tesero, non mi ricordo il nome, quello fu il mio battesimo alla cucina italiana. Il proprietario del ristorante era un buon amico di Francesco o forse un suo parente, non saprei dire. In ogni caso la cena fu splendida. Quando vidi per la prima volta le Mariacher capii immediatamente che era stato compiuto un enorme passo avanti nella concezione e nel design delle scarpe d’arrampicata.
Avevo già esaminato degli altri modelli e dei prototipi La Sportiva che mi aveva mostrato Aldo Leviti, il mio amico Guida alpina che veniva ogni tanto a trovarmi a casa mia a Boulder, in Colorado. Quelle prime scarpe erano buone ma non poi così differenti dagli altri modelli che si potevano trovare in commercio all’epoca. Ne avevo comunque comprate alcune paia per il mio negozio, The Boulder Mountaineer. Restai sorpreso quando un giorno ricevetti per posta un pacco proveniente dalla Val di Fiemme, conteneva una scatola di scarpe con un paio di Mariacher nuovo modello. Già a vederle si capiva che erano tutta un’altra musica. Tolsi le scarpe dalla scatola e andai immediatamente ad arrampicare per provarle, feci un po’ di bouldering quel giorno. Le usai e restai sbalordito. Tornai a casa e la prima cosa che feci, immediatamente, fu di chiamare l’università per chiedere se lì da loro c’era qualcuno in grado di parlare italiano e di aiutarmi per fare una telefonata. Avevo assolutamente bisogno di un interprete e ne trovai uno. Chiamammo La Sportiva e riuscimmo a parlare con Francesco e con Lorenzo, feci chiedere dall’interprete se erano interessati ad avere un distributore negli Stati Uniti. Erano interessati. Comprai un biglietto aereo per l’Italia e volai a Tesero.

Quella prima scarpetta fu l’inizio di tutto. A Tesero fui ricevuto benissimo, come ho già detto. A quell’epoca erano comparse le prime Fire della Boreal che erano ancora molto grezze ma che avevano una suola con molto grip. Poi c’erano le francesi EB che erano altrettanto popolari ma che erano veramente scomode e che avevano una suola davvero poco performante. Le Mariacher erano decisamente oltre e altri modelli sarebbero seguiti. La Sportiva conquistò la leadership del mercato e guidò la rivoluzione nel campo delle scarpette d’arrampicata e in definitiva dell’arrampicata stessa, quello non era che l’inizio. Oggi, dopo quasi quarant’anni, le vedo ai piedi dei migliori arrampicatori del mondo, le vedo sulle pareti in ogni angolo del globo, le vedo su tutte le più prestigiose riviste di settore, questo brand è diventato grande.

È stato bello essere parte di tutto questo. Ed è stato bello lavorare con la famiglia Delladio.

Francesco Delladio e Bob Culp durante la cena che sancirà l’inizio di quello che diventerà La Sportiva North America.


Mi aggiro nel seminterrato della ditta trascinandomi dietro un borsone azzurro e fucsia con la scritta La Sportiva, cammino un po’ spaesato tra gli scaffali, non so esattamente cosa prendere con me. Nel furgone ho già messo delle scarpe nuovo modello e dei prototipi preparati per i nostri atleti di punta. Quando con mio padre ne abbiamo parlato sembrava tutto così facile e logico, ma ora? Abbiamo deciso di dare ai nostri atleti in gara un supporto simile a quello che ricevo quando gareggio nei rally: servizio corse, così lo abbiamo pensato. In realtà c’è poco supporto che io possa dare ai nostri atleti, me ne rendo conto adesso, qui nel magazzino. Cosa potrò mai portare con me, oltre alle scarpe? Infilo nella borsa un’infinità di stringhe - si potrà mai rompere la stringa di una scarpetta da arrampicata? Molto improbabile. Prendo anche delle suole di ricambio e le infilo nella borsa anche se so perfettamente che non mi serviranno mai. Sostituire una suola a una scarpa lontano dal nostro laboratorio è qualcosa che non abbiamo mai fatto per ora, ma magari, in futuro. Lì tra quegli scaffali in quel momento, tentando di riempire quel borsone, metto a fuoco il vero motivo per cui devo assolutamente essere a Bardonecchia a rappresentare la azienda di famiglia: per parlare con gli atleti, incontrarli, conoscerli e farci conoscere. Per farci vedere, dobbiamo esserci. Capiremo di cosa hanno bisogno gli atleti per poter arrampicare al meglio, su vie sempre più difficili e dovremo avvicinare i migliori campioni in circolazione.

LA SPORTIVA NORTH AMERICA

«Alle pareti della sede de La Sportiva di Boulder, in Colorado, ci sono appesi i poster della Val di Fiemme che mio papà Lorenzo ha portato con sé nei primi viaggi quando andava negli Stati Uniti. Lorenzo ha sempre tenuto moltissimo a questa connessione con la Valle di Fiemme, anche il fatto che il nostro distributore sia proprio a Boulder e non in un altro luogo o in un altro stato,
ha un significato particolare. Il Colorado è il luogo della tradizione alpinistica americana. Boulder è a milleseicento metri di quota ed è una città non piccola - avrà 100.000 abitanti - ma è molto compatta. A dieci minuti dalla nostra sede e dal centro cittadino ci sono i sentieri. È una città ma è anche alle pendici delle montagne, in fondo dal punto di vista delle possibilità per la vita all’aria aperta Boulder non è molto diversa dalla nostra sede a Ziano di Fiemme. La nostra sede è in Trentino, nelle Dolomiti e appena esci dallo stabilimento dopo cinque minuti di strada puoi essere in un bosco a correre o a camminare.
Esattamente come a Boulder».


Giulia Delladio