L'intuizione di Narciso

Narciso Delladio è il quinto di otto fratelli. È un giovane della Valle di Fiemme volenteroso e intraprendente. Emigrato, lavora alcuni anni a Venezia come muratore e mette da parte soldi sufficienti per tornare in valle e aprire una bottega di calzoleria a Tesero, lo stesso lavoro di suo padre e di qualcuno dei suoi fratelli. Nato nel 1890, a trentun anni si sposa con Luigia, una ragazza dodici anni più giovane di lui. Nella bottega dove lavora a Tesero ha soltanto poche cose: uno sgabello, un tavolo da lavoro e qualche utensile. Comincia costruendo zoccoli di legno per i boscaioli e scarponi speciali con i chiodi, in quel momento molto in voga. I suoi clienti sono contadini, taglialegna, agricoltori della valle e poi qualche escursionista o turista di passaggio che apprezza le Dolomiti e quelle robuste pedule di cuoio da lavoro che lui produce e che sono adatte anche a escursioni e ascensioni alpinistiche. L’alpinismo, è in voga. Narciso intuisce la vocazione della sua calzoleria e la possibilità di differenziarsi dalla concorrenza costruendo scarponi da montagna anziché da lavoro.

Sviluppa anche qualche altro modello di scarpa più leggera, con lo scopo di riuscire a vendere i suoi prodotti ai villeggianti e agli alpinisti forestieri, solitamente disposti a spendere di più e a pagare meglio dei locali. Narciso ha idee originali, sviluppa l’idea di una scarpa con l’allacciatura posteriore che mette a punto ascoltando i consigli dei boscaioli più esperti. È un innovatore e ha idee progressiste, ama la modernità. È appassionato di motori e affascinato dalla tecnologia, con entusiasmo studia l’esperanto che immagina la lingua universale del futuro. Nel 1926 azzarda l’acquisto di una delle prime automobili, una Fiat 509 con la quale offre un servizio di trasporto ai turisti sempre più numerosi che vanno e vengono dalle Dolomiti. L’automobile è però, soprattutto, lo strumento utile a Narciso per comprendere la potenzialità legate alla frequentazione turistica ed escursionistica delle Dolomiti e quindi indirettamente la vocazione e le potenzialità legate alla sua attività di calzolaio.



el 1928 non si lascia sfuggire l’occasione della Fiera Campionaria di Milano, serve anche un nome per la sua calzoleria, che definisce Sportiva per differenziarsi dalle altre, che invece continuano a lavorare prevalentemente con boscaioli e agricoltori. È un punto di svolta, la partecipazione alla Fiera di Milano si rivela un successo ma soprattutto l’opportunità di fare conoscere l’azienda oltre i confini del Trentino. Ed è questa appunto la data e l’episodio che danno inizio 'ufficialmente' all’attività vera e propria. Intanto la famiglia di Narciso è cresciuta, sono arrivate tre figlie, Anna, Narcisa e Clara e un solo maschio, Francesco, che ben presto preferendo il lavoro alla scuola affiancherà il padre nel laboratorio di calzolaio.


La seconda generazione

La seconda guerra mondiale è passata per la famiglia Delladio, senza traumi. Francesco si è fatto grande ma è ancora troppo giovane per andare in guerra, l’intera famiglia si è trasferita al maso di Stava dove può contare sul latte di una mucca e sulle uova fresche delle galline tutti i giorni. Nel triste contesto della guerra, quello del calzolaio è un mestiere prezioso, Narciso ripara le scarpe dei militari ottenendo in cambio burro, zucchero, caffè, farina e tutto quello che serve per il sostentamento della famiglia. Gradualmente il figlio Francesco affianca e sostituisce il padre sia nel lavoro alla calzoleria sia nei servizi di trasporto, fino a prendere sempre di più in mano la gestione dell’impresa di famiglia. Il laboratorio si trova proprio in centro a Tesero, vicino alla piazza del paese. Al piano inferiore lavorano quattro operai, maschi, perché il taglio e l'assemblaggio delle tomaie à ancora eseguito a mano e richiede dita e braccia forti. Le tre sorelle svolgono attività di vendita e amministrazione e si occupano anche del negozio, l’abitazione è al piano superiore.



Storia

Da sinistra a destra: uno scorcio di Piera e l'interno del laboratorio La Sportiva. A destra il diploma di partecipazione alla Fiera di Milano del 1928. Nella foto di famiglia: Narciso Delladio e la moglie Luigia insieme a Francesco e alle figlie Anna, Narcisa e Clara in una foto del 1942



La svolta

Alla fine degli anni cinquanta la famiglia Delladio ha una calzoleria ben avviata. È anche proprietaria di un negozio a Predazzo, una località che diverrà strategica in seguito per la vendita di pedule da montagna in quanto sede della Scuola Alpina della Guardia di Finanza, di cui presto La Sportiva diventerà fornitore ufficiale come lo era già per il Centro di Addestramento Alpino della Polizia di Moena. Francesco è sempre più autonomo nelle scelte e nelle decisioni, anche lui è molto intraprendente e determinato. Il grande salto dell’impresa di famiglia avviene proprio grazie a lui con l’idea di ampliarsi e costruire una nuova sede per la produzione. Un vero e proprio azzardo al quale Narciso, pur scettico, non si oppone, lasciando spazio al figlio. La decisone è quella di costruire una fabbrica fuori dal paese, lontano dalle case, in una località chiamata Piera dove ci sono solo prati e ancora non arriva la corrente elettrica. È l’anno 1960, tutti dicono a Francesco che si tratta di una pazzia ma lui è convinto e porta avanti il progetto. È il tempo, a dargli ragione. Nel frattempo si è sposato con Giuseppina e da lei ha avuto quattro figli: Lorenzo, Luciano, Claudia e Marco che crescono, studiano e trascorrono a loro volta le estati al maso in Val di Stava, da giugno fino a settembre. Nonna Luigia è sempre presente, impegnata nella loro educazione. Costruita e avviata la fabbrica a Piera, anche la famiglia di Francesco Delladio si trasferisce. Nella nuova casa ai figli basta scendere un piano di scale per trovarsi tra tomaie, tranciatrici e macchine da cucire. Studio, lavoro e vita familiare si mescolano in una cosa sola. Lorenzo, il figlio più grande, dopo gli studi ed il servizio militare in Polizia affianca Francesco nella conduzione della azienda, nel frattempo anche gli altri fratelli Luciano, Claudia e Marco crescono e cominciano a lavorare con i genitori.


IL MASO in Val di Stava

«Trascorrevamo tutte le estati al maso in Val di Stava, per noi ragazzi era divertente ma anche impegnativo: sveglia alle 7 e mezza e senza fare colazione si andava a piedi a messa, la chiesa distava più di un chilometro. Nel tragitto non era consentito correre o giocare, dovevamo recitare il rosario insieme alla nonna Luigia. Tornati a casa facevamo colazione e poi si andava nel bosco a raccogliere i mirtilli o i funghi, alternando le giornate. Rifiutarsi o disobbedire alla nonna era impensabile. Nel pomeriggio c’erano i compiti e poi prima di andare a giocare bisognava pulire i funghi o i mirtilli, a seconda di quello che avevamo raccolto. Si versavano i mirtilli dentro a una vecchia coperta di lana infeltrita, poi sollevando i lembi superiori in modo da inclinarla facevamo rotolare i frutti dentro a una bacinella, ripuliti delle foglie e dai rametti che rimanevano impigliati nella lana. Poi alle otto di sera, eravamo a dormire». (Nella foto Francesco e Giuseppina Delladio con i figli Lorenzo, Luciano, Claudia e Marco)

Lorenzo Delladio