Innovare, in futuro

Quarta generazione. Dopo Narciso, Francesco e Lorenzo, è la generazione
di Giulia e del fratello Francesco ad occuparsi del futuro di La Sportiva

Giulia Delladio si occupa di marketing strategico. Il suo ruolo nell’azienda di famiglia consiste nel tracciare le linee guida che portano allo sviluppo del brand e del prodotto La Sportiva. Per riuscirci incrocia le richieste del mercato, analizza la concorrenza, i feedback provenienti dai responsabili commerciali, dagli agenti e dai negozianti e soprattutto tiene conto delle tendenze. «Non soltanto quelle del settore outdoor», tiene a precisare. È l’unica donna in un contesto e in una linea di discendenza fatta di soli uomini e quando le si chiede se vede in questo fattore un ostacolo o piuttosto un vantaggio, prima di rispondere sembra abbia bisogno di pensarci su, forse vuole solo calibrare bene le parole.

«Io nell’essere donna, vedo soprattutto delle possibilità. Cerco in azienda di portare delle chiavi di lettura o degli spunti differenti, alternativi. Certe volte, durante le nostre riunioni, mi capita di far notare delle cose a cui nessuno sembrava aver fatto caso prima. Sono attenta ai dettagli, ai particolari, alle piccole cose. C’è di solito un momento di disorientamento che segue le mie analisi o le mie osservazioni, poi normalmente accade che i fattori su cui punto l’attenzione vengono riesaminati anche dagli altri in un'ottica differente. Questo non significa che le mie sensazioni e i miei pareri siano più importanti o più utili di quelli degli altri colleghi uomini, semplicemente il mio è a volte un modo differente di guardare alle cose. Uomini e donne vedono le cose in modo diverso. Mi sembra che insieme, uomini e donne, riescano a pensare in modo diverso».


Quando Giulia si spiega si capisce che la risposta era già lì a portata di mano, probabilmente come tutte le risposte o i pareri che in azienda è abituata a dare. Giulia è dentro La Sportiva da quando aveva nove anni, da quando la sua richiesta di essere portata a una fiera campionaria per aiutare nonno Francesco e papà Lorenzo è stata esaudita per la prima volta. La Sportiva non è il suo lavoro, è il suo DNA. Lo spirito imprenditoriale è una delle caratteristiche della famiglia Delladio, il filo conduttore inizia a srotolarsi dal 1928 con il bisnonno Narciso, il fondatore. Chiediamo a Giulia di tratteggiare con poche parole le persone che sono state alla guida della azienda La Sportiva: «Mio bisnonno Narciso è stato un uomo coraggioso. In un’epoca storica difficilissima ha fondato l’azienda e ne ha individuato la vocazione. Per distinguersi dalle altre calzolerie ha messo a fuoco l’idea di produrre scarpe per l’alpinismo, è per quello che ci chiamiamo così: La Calzoleria Sportiva era il nome originale, poi nel tempo la parola ‘calzoleria’ è scomparsa dal marchio e siamo diventati La Sportiva.

Nonno Francesco è stato un lungimirante. Ha messo in campo passione e desiderio di crescere e ha gettato le basi per lo sviluppo futuro. È la persona che con le sue idee, con le sue scelte ha consentito a questa azienda di diventare grande, ponendo basi solide per il futuro. Francesco è stato un innovatore e ha guidato il passaggio della fase artigianale a quella industriale dell’azienda. Aveva il dono di saper individuare la persona giusta per ogni ruolo, era una persona che sapeva ascoltare e dare fiducia». Poi viene il momento di passare a parlare di Lorenzo. È così, con il nome di battesimo, che anche lei e suo fratello chiamano il loro genitore. A non esserci abituati, fa un certo effetto.

«Mio papà anche in famiglia per noi figli è sempre stato Lorenzo. Era Lorenzo sul lavoro ed era Lorenzo anche a casa. Già da quando ero piccola per me le due cose - famiglia e lavoro - viaggiavano insieme. Lorenzo è stato l’uomo dell'internazionalizzazione, quello degli anni ruggenti de La Sportiva. Partendo dal successo delle scarpette da arrampicata è stato in grado di fare espandere questa azienda e di portarla da una dimensione europea ad una globale. In linea con lo spirito imprenditoriale della famiglia è stato capace di gettare delle basi solide per creare una rete di distribuzione internazionale e per crescere in ogni mercato, in ogni continente».

Poi viene il momento di parlare di se stessa e del suo ruolo nella azienda del futuro. Anche in questo caso Giulia adotta prudenza e una delicatezza supplementare nel cominciare il discorso, le parole si capisce che vengono pesate e selezionate con cura, vengono dette con grande attenzione e senso di responsabilità. La risposta è lì già pronta, ancora una volta a portata di mano. Ha le idee chiare: «Il compito che sento mio è quello di coniugare la tradizione e l’identità di questa azienda con l’innovazione, per restare al passo dei tempi. Il passaggio fondamentale che si trova ad affrontare La Sportiva è quello da calzaturificio ed azienda product-oriented a brand. È questa la sfida che siamo chiamati ad affrontare nei
prossimi anni».

Sul tavolo davanti al quale siamo seduti c’è un album di fotografie, sono quelle della presentazione della scarpa Mythos fatta agli atleti del team nel 1990, lo sfogliamo. Giulia spiega che quelle foto hanno per lei un valore speciale, sono state scattate da Igor Koller, il primo salitore della via attraverso il Pesce in Marmolada.

«Igor faceva questi album che confezionava a mano, con cura, poi quando veniva a Tesero ce li portava. Li tenevamo in casa, non in azienda, gli album erano importanti per noi. A questo sono particolarmente affezionata come sono affezionata a tutti gli atleti, quello che avevamo con loro era prima di tutto un rapporto di amicizia, non erano soltanto collaborazioni o sponsorizzazioni.

Quello di cui è fatta questa azienda sono i rapporti e le persone, questo è uno dei nostri valori più grandi. La nostra forza è la storia che condividiamo. Me lo ricordo, quel giorno».

Mi ricordo mio nonno Francesco che mentre parlava a tutti gli atleti di fronte a noi, alla presentazione delle scarpette Mythos, mi teneva per mano.


Giulia Delladio

Mi Ricordo

Mi ricordo di Manolo che veniva da Transacqua a Tesero per prendersi le scarpette d’arrampicata,
in bicicletta da corsa.


Mi ricordo che veniva a casa nostra a trovarci, mangiava una mela, poi ripartiva verso casa dopo essersi infilato le scarpette nelle tasche posteriori della maglia da bici.


Mi ricordo Stefan Glowacz che ogni volta che veniva in azienda, mi portava un peluche.

Mi ricordo di tutti Rock Master.

Mi ricordo dello stand
La Sportiva e dei pezzi di pellame buttati sui tavolini per esporre il campionario.

Mi ricordo il furgone azzurro con la scritta
La Sportiva.


Mi ricordo di quando andavo di corsa fin sotto al muro di arrampicata delle gare, sul prato, per prendere il posto. Per segnare il nostro spazio stendevamo una coperta.


Mi ricordo di François Legrand, che parlava molto bene l’italiano.


Mi ricordo il fax.

Mi ricordo Lorenzo che alla sera inviava i fax agli atleti.


Mi ricordo che abbiamo inviato un mio disegno per fax a Didier Raboutou e Stefan Glowacz.


Mi ricordo alle elementari che quando mi facevano fare il disegno libero, io disegnavo sempre e soltanto le pareti del Rock Master, e le maestre non capivano cosa fosse quel rettangolo marrone che mi ostinavo a ripetere sui fogli.


Mi ricordo il meeting degli atleti per la presentazione delle scarpette Mythos.


Mi ricordo la scala verde che scendeva da casa all’area di produzione che era grande e che mi faceva paura.


Mi ricordo mio nonno Francesco che mentre parlava a tutti gli atleti di fronte a noi, alla presentazione delle scarpette Mythos, mi teneva per mano.


Mi ricordo che ero dalla parte del tavolo dove volevo stare, vicino a Lorenzo e vicino a Nonno Francesco.


Mi ricordo che Salavat Rachmetov parlava solo russo, non so come potesse capirsi con Lorenzo e con Francesco.


Mi ricordo che Lorenzo e Giuliano Jellici non parlavano inglese e Luisa Iovane traduceva per loro quello che dicevano gli atleti.


Mi ricordo i depliant della Valle di Fiemme.


Mi ricordo che a
La Sportiva Day di Pampeago mi sono tenuta in spalla lo zainetto per tutto il giorno, non so perché. Ci eravamo dimenticati di toglierlo.