Aria Sottile

Nella foto: Simone Moro a pochi metri dalla cima dello Shishapangma, durante la prima salita invernale della montagna lungo la Parete Sud, 2005

VELOCE E LENTO, INSIEME

Se vuoi andare in cima a una montagna di 8.000 metri d’inverno, non serve auto-convincersi o sperare che non faccia tanto freddo, che non tiri troppo vento, che non nevichi troppo. Non è una lotta contro la natura, la tua. È una sfida totale a te stesso. Devi semplicemente prendere atto di come stanno le cose, di quali sono le difficoltà prevedibili e imprevedibili, immaginabili e inimmaginabili e comportarti di conseguenza. Convivere con quella scomodità, con quell’incertezza, con quella subdola precarietà che mina il senso della ragione e affrontare i problemi uno alla volta, con metodo, con ostinazione, con coraggio. Stringere i denti e - se serve - soffrire, resistere, aspettare. Pazientemente, aspettare. Opporsi alla natura è impossibile, gli inverni non si vincono: passano. Devi piuttosto razionaliazzare il tuo sforzo per renderlo produttivo, efficiente, utile. Ragionare. Adattarti quando serve e nel peggiore dei casi, sopportare. Resistere. È questa – quella di attendere pazientemente e qualche volta anche rinunciare - una strategia desueta, fuori moda, apparentemente passiva, poco spettacolare. Oggi è in voga lo show, l’adrenalina, la brevità, il tutto e subito, comunque. La vita reale non fa spettacolo.

I risultati di Simone Moro, di Denis Urubko e di Tamara Lunger sugli 8.000 d’inverno però, ci dicono un’altra cosa. Dicono che serve essere allenati e pronti, preparati a dare tutto in poco tempo, quando serve.
E questi sono solo presupposti. Poi serve strategia, tecnica, capacità di pensare e decidere in tempi brevi. Questo è l’alpinismo invernale, oggi. Veloce e lento insieme. Solo chi osa con equilibrio e con intelligenza sposta in avanti i propri limiti. La storia dell’alpinismo, come quella industriale, non è mai stata scritta da uomini andati allo sbaraglio.